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Filippo Tonon
Di che cosa si occupa un regista e scenografo teatrale?
10 April 2023
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Musica
Teatro

Filippo Tonon è un regista, scenografo e costumista teatrale. Ha lavorato in contesti internazionali e nazionali tra cui Fondazione Arena e ci ha raccontato come è diventato un regista teatrale e nello specifico, che cosa vuol dire occuparsi di opera lirica.

Ciao Filippo, la tua carriera è molto ricca e tocca settori diversi, di cosa ti occupi prevalentemente oggi?

Mi occupo di regia, scenografia e costume per l’opera lirica.

Qual è la tua giornata tipo?

In un periodo di produzione passo tutta la giornata in teatro, se seguo regia, scene e costumi. Si va in palcoscenico presto. L’orario lavorativo dei tecnici di palcoscenico è diverso da quello del settore artistico. Quando uno si occupa di entrambi deve seguire entrambi gli orari. Quindi si comincia in teatro la mattina presto per seguire i montaggi della scenografia e controllare l’attrezzeria. Successivamente cominciamo le prove di regia, sempre supportate da tecnici e attrezzisti. Si fanno due prove giornaliere, una in tarda mattinata e una pomeridiana o serale e tra una e l’altra un regista, un costumista e uno scenografo passano in sartoria per la riunione con gli assistenti per capire se tutti i reparti stanno avanzando correttamente nel lavoro.

Dunque il mito del regista che si sveglia tardi è falso?

Esatto. Il periodo delle prove parte circa un mese prima della prima recita. Invece il lavoro di preparazione per uno scenografo, costumista o regista, parte quasi un anno prima.

Come si progetta uno spettacolo teatrale? Il regista collabora con un teatro in particolare?

Non c’è un solo teatro con il quale il regista collabora, collabora con tutti i teatri che lo chiamano. Per esempio ho lavorato a San Paolo in Brasile, ho fatto una Carmen a metà 2014 e mi hanno chiamato a metà 2013. In altri teatri capita che mi chiamino meno di un anno prima e lì gli scenografi e il regista devono darsi da fare per dare il progetto in tempi brevissimi. Una volta che si ha la commissione del progetto, ci si prende il tempo per preparare l’idea registica e scenografica, poi parte il lavoro dello scenografo che va a realizzare il tutto in maniera pratica, che sia in 3D, che sia un modellino costruito a mano. Dopodiché ci sono i disegni tecnici da preparare per presentare il progetto, che se viene approvato da lì a poco porta a costruire la scenografia definitiva. Per la costruzione di una scenografia ci vogliono almeno 2 o 3 mesi. Per i costumi ci vuole un po’ di più perché bisogna fare la campionatura di tutti i tessuti.

Questa prima parte progettuale quanto può durare circa?

Dipende dalla produzione. Si va da un minimo di 2 mesi a un massimo di 1 anno.

Questa fase ti richiede di spostarti fisicamente?

Dipende. Molto spesso uno lo fa nel suo studio facendo solo dei sopralluoghi nel teatro. Se conosco il teatro non è necessario, se non ci ho mai lavorato invece è fondamentale andare a vedere lo spazio, le dimensioni reali di grandezza del palcoscenico, l’altezza della graticcia (che è la torre scenica che sta sopra il palcoscenico) perché ogni teatro cambia. È inutile andare a progettare una scena se dopo non può essere realizzata per quel palcoscenico.

Il momento successivo della progettazione è quindi la costruzione effettiva.

Si fanno delle riunioni per spiegare il progetto: partendo dai disegni tecnici, dal tipo di materiale che lo scenografo ha pensato, i cambi tecnici che devono esserci, i colori e naturalmente si discutono gli eventuali elementi di scenografia che entrano successivamente all’inizio dello spettacolo, perché a quel punto serve capire dove ricoverarli quando non sono a vista. Quello che uno vede in palcoscenico è una minima percentuale di quello che c’è dietro. Le prove di regia sono la parte finale del lavoro del regista, dello scenografo e del costumista. Lì si vede realizzato quello che è stato solo pensato per 8 mesi. È molto emozionante.

Quindi poi si cominciano le prove. Come funzionano?

Dipende da teatro a teatro e da nazione a nazione. In Italia spesso si iniziano prima le prove con le comparse, con le masse artistiche, che coinvolgono coro, mimi o se è presente, il corpo di ballo. Poi iniziano le prove con gli artisti. Ogni regista ha poi le sue modalità, io preferisco partire con delle prove separate, preparare una scena e dopo metterle insieme. In questo modo un regista riesce a dedicarsi completamente alle persone che ha in scena. Quando si parla di teatro d’opera si parla di numeri molto alti. Neanche nei musical sono così alti. Si va da un minimo di 60 elementi del coro, più solisti, comparse, corpo di ballo. Parliamo di minimo un centinaio di persone da gestire. Se si convocano tutte al primo giorno, tutte pretendono attenzione naturalmente.

L’Arena è un caso a parte: le cento persone in palcoscenico in Arena sono cinquecento. E vanno spesso in scena tutte contemporaneamente.

Successivamente si arriva all’inizio degli spettacoli?

Esatto. Per l’ultima fase delle prove si va in palcoscenico, quando la scenografia è agibile. Si prova inizialmente con il pianoforte che fa da guida per i movimenti, successivamente interviene l’orchestra e ci sono le prove d’assieme, poi ci sono le prove generali e poi la recita. Il regista dopo la prova generale (in teoria) non può più intervenire, se non con delle note di regia. Dopo la prima recita di solito, il regista non è più presente, non segue tutte le rappresentazioni. La persona che ha la responsabilità di mantenere lo spettacolo tale e quale dalla prima all’ultima recita è o il responsabile del settore regia di quel teatro o l’assistente alla regia del teatro. Dopo diverse recite può succedere che l’attenzione e l’energia tendano a scemare, invece no, si deve mantenere intatta l’idea che ha costruito il regista, perché il pubblico dell’ultima recita ha diritto di vedere una recita con la stessa energia della prima.

Quali sono i requisiti più importanti per poter fare il tuo lavoro?

Una preparazione musicale adeguata, almeno per saper leggere uno spartito, perché lavoriamo con gli spartiti. Se dobbiamo prendere appunti di movimento lo scriviamo sullo spartito. Non significa saper suonare ma saper leggere la musica si, è importante. Poi, più si hanno nozioni relative al teatro meglio è. È bene avere un’ idea delle figure coinvolte in teatro. Ci vuole tanta pazienza e tanta disponibilità, soprattutto nella fase di produzione la disponibilità deve essere totale, non ci si ferma mai.

Bisogna saper risolvere problemi anche complessi in tempi brevi e bisogna saper lavorare in team. Lavorare in team è fondamentale, per poter procedere tutti bene dal punto di partenza fino alla recita.

La tua formazione quale è stata?

Sono laureato in architettura ramo scenografia e diplomato in conservatorio in canto lirico. Prima però ho fatto anche recitazione, facevo parte del roster di un’agenzia cinematografica a Roma, come attore. Quindi con il lavoro che faccio ho unito tutti i miei interessi.

Ho studiato architettura a Venezia. Il conservatorio l’ho fatto a Vicenza, recitazione tra Verona e Vicenza. Poi quando ho dovuto scegliere cosa fare ho scelto e sentivo dentro di me più forte la spinta della regia. Non ho mai abbandonato il canto ed è un punto di forza perché avendolo studiato so cosa posso chiedere ai cantanti e al coro. Essendo architetto ho portato avanti anche lo studio della scenografia e ho unito questi interessi.

Sono dell’idea che l’interesse va portato avanti finché si riesce a tenere un buon livello di qualità. Poi ad un certo punto le occasioni della vita ti porteranno a scegliere. Allo stesso modo l’architettura, perché per alcuni anni ho lavorato come architetto mentre lavoravo in Arena, dal 2002 al 2004. Il teatro mi occupava sei o sette mesi all’anno. Quando poi è diventato un lavoro che mi occupava dodici mesi l’anno ho dovuto abbandonare lo studio d’architettura. A mano a mano, collaborando con diversi maestri in ambito teatrale, è arrivato anche il costume.

La gente mi chiede se è un lavoro faticoso e la risposta è sì. Ma quando un lavoro ti interessa la fatica viene dimezzata. A fine giornata puoi dire di aver fatto quello che ti piace e viverla bene. Il teatro non si fa per timbrare il cartellino ma perché è qualcosa che ti interessa.

Il tuo percorso formativo sembra perfetto per quello che sei arrivato a fare. Sembra che tu abbia da sempre voluto fare quello che stai facendo.

È vero, ma in realtà l’idea di fare il regista è venuta strada facendo. Io quando studiavo al conservatorio volevo fare l’attore cantante perché venivo dalla recitazione. Con il tempo, alcuni maestri mi hanno chiesto se volessi fare assistenza alla regia in alcuni spettacoli. Un assistente alla regia che sa recitare parte da un gradino più alto ovviamente. Con il tempo mi è interessato il lavoro, e hanno iniziato ad arrivare produzioni firmate da me.

Qual è la soddisfazione più grande del tuo lavoro? E la difficoltà maggiore?

La soddisfazione è vedere realizzato qualcosa che prima avevi solo immaginato. Quando la vedi realizzata esattamente come la vuoi è un’emozione che non si può descrivere. Poi è un trauma per il regista perché dopo la prima è come tagliare il cordone ombelicale, il bambino comincia ad avere una sua vita. La produzione passa in mano a chi è sul palcoscenico. Il regista sta in platea e non può più fare niente dopo la prova generale. In questi momenti si vede la preparazione. La cosa difficile è trasmettere dal primo all’ultimo giorno la stessa energia a tutti. Quando si tenta di realizzare una propria idea bisogna coinvolgere le persone e saper coinvolgere ciascuno nel modo corretto. Se io parlo con le comparse o con i solisti o con il coro, devo rivolgermi a loro in modo diverso perché hanno preparazioni diverse, un modo di comunicare diverso e orari di lavoro diversi. L’organizzazione e il modo di comunicare è la cosa più complicata.

Che consiglio daresti a chi vorrebbe intraprendere il tuo percorso?

Prepararsi a livello musicale. Non è fondamentale fare il conservatorio, ma almeno una preparazione sul solfeggio, bisogna saper leggere la musica. In generale più nozioni umanistiche si hanno meglio è, perchè regia significa anche saper leggere e interpretare un testo già scritto e una composizione fatta secoli prima e vederla con gli occhi di oggi o riproporre fedelmente quello che il compositore voleva. Per una preparazione globale ci sono le accademie d’arte drammatica, il DAMS, il teatro alla Scala. La cosa fondamentale è non avere fretta e riuscire ad affiancarsi ad un maestro. Si deve essere delle spugne, imparare qualsiasi cosa in teatro, anche rispetto a settori diversi dal nostro.